sabato 14 settembre 2013

Impressioni di (11) settembre

Un cileno, un esule - uno dei tanti - vittima del golpe dell’11 settembre 1973, scrive una lettera di cordoglio agli americani, vittime dell’11 settembre 2001. E’ la trama del cortometraggio di Ken Loach, l’undicesima parte di un film dedicato al ricordo del tragico attacco alle Twin Towers. Un film da rivedere almeno una volta all'anno. 
11’09”01 è un film corale, composto da 11 corti di 11 diversi registi, ciascuno della durata di 11 minuti e 9 secondi ed 1 fotogramma: una struttura che spiega il titolo. Tuttavia, l’anniversario dell’attacco al World Trade Centre di New York ha spinto la fantasia degli undici registi provenienti da tutto il mondo ben oltre quel terribile evento. 
Il film non è antiamericano, né concede nulla al terrorismo: ma se dalle storie trasuda pietà per le innocenti vittime di New York, gli 11 episodi invitano a non dimenticare i tanti “11 settembre” che si sono consumati e si consumano in altri luoghi, con migliaia, milioni di morti innocenti, oscuri. 
In 30mila persero la vita in Cile in seguito al golpe orchestrato dal regime sanguinario di Pinochet sostenuto dagli Usa di Nixon. Anche allora i “nemici della libertà” colpirono con gli aerei. Nelle parole di Pablo, uno dei tanti torturati dal regime cileno, il regista Ken Loach racchiude quel filo rosso che unisce i due anniversari, i due martedì 11 settembre che hanno cambiato e distrutto molte vite. 
«Care madri, cari padri e persone care di coloro che sono morti l’11 settembre, sono cileno, vivo a Londra e vorrei dirvi che forse abbiamo qualcosa in comune. I vostri cari sono stati assassinati come lo furono i miei, abbiamo anche la data in comune: l’11 settembre, martedì 11 settembre. Nel 1970 ci furono le elezioni, io avevo 18 anni e votavo per la prima volta. Avevamo un bellissimo sogno: costruire una società in cui tutti potessero condividere il frutto del proprio lavoro, le ricchezze del Paese. Così quel settembre del ’70 andammo tutti a votare e vincemmo. 
C’era il latte e la scuola per i figli, le terre incolte vennero distribuite ai contadini senza terra, le miniere di rame e di carbone e le principali industrie divennero proprietà di tutti noi, per la prima volta nella loro vita le persone avevano una dignità. Ma non sapevamo quanto questo fosse pericoloso. Il vostro segretario di Stato, Henry Kissinger, disse: non vedo come si possa stare fermi a guardare mentre un Paese cade nelle mani dei comunisti grazie all’irresponsabilità del suo stesso popolo. Le nostre scelte democratiche, i nostri voti non erano rilevanti. Il mercato, i profitti sono più importanti della democrazia, il nostro dolore, il vostro dolore furono legalizzati. Il vostro presidente, Nixon, affermò che avrebbe fatto crollare la nostra economia, la Cia ricevette istruzioni di attivarsi per organizzare un’insurrezione militare, un colpo di Stato. Oltre 10 milioni di dollari furono stanziati per sbarazzarsi del nostro presidente, Salvador Allende.
Amici, i vostri leader decisero di distruggerci, provocarono uno sciopero dei trasporti che finì quasi per paralizzare la nostra economia, bloccarono gli scambi delle merci nel nostro Paese creando il caos, si unirono a quanti nel nostro Paese non avevano accettato la nostra vittoria, i vostri dollari foraggiavano gruppi neofascisti che portavano la violenza nelle strade e mettevano bombe nelle fabbriche e nelle centrali elettriche.
Incredibilmente la cosa non funzionò. Nelle elezioni amministrative il consenso popolare addirittura aumentò, e che cosa fecero gli Stati Uniti? L’11 settembre i nemici della libertà compirono un atto di guerra contro il nostro Paese. Alle prime luci dell’alba truppe corazzate avanzarono contro il nostro palazzo presidenziale: Allende, i suoi ministri e consiglieri erano all’interno. Allende non fuggì mentre il palazzo della Moneda veniva bombardato. Fu assassinato. Fu assassinato martedì, anche da noi accadde un martedì, l’11 settembre del ’73, un giorno che distrusse le nostre vite per sempre. 
Mi spararono ad un ginocchio e poi mi sbatterono la testa contro l’asfalto lurido della strada, me la sbatterono non so quante volte, finché non persi conoscenza. Un giorno in prigione mi issai sulle sbarre della finestra e vidi fuori un amico che veniva trascinato per le braccia, non poteva camminare, gli avevano spezzato le ossa, sanguinava dalle orecchie poi lo assassinarono. Sapemmo dei campi di tortura comandati da ufficiali addestrati nelle scuole militari americane, sapemmo di quelli sbudellati gettati dagli elicotteri in volo, di quelli torturati davanti ai loro figli e alle loro mogli. Sapete che cosa facevano? Collegavano fili elettrici ai genitali, mettevano topi nelle vagine delle donne, addestravano i cani a stuprare le donne. E poi sapemmo della carovana della morte, del generale che andava di città in città ordinando esecuzioni a caso. 30 mila persone furono assassinate, 30 mila. 
Il vostro ambasciatore in Cile protestò per le torture ma Kissinger replicò: ditegli di non mettersi a fare lezioni di scienze politiche. Il generale Pinochet, che aveva guidato il colpo di Stato, accolse sorridendo il segretario di Stato che si congratulò con lui per il lavoro ben fatto e i dollari ricominciarono a fluire verso il Cile. Mi chiamarono terrorista, mi condannarono al carcere a vita senza processo né difesa, fui rilasciato dopo cinque anni ma dovetti abbandonare il Paese per la sicurezza dei miei amici. 
Ora non posso tornare in Cile anche se ci penso continuamente. Il Cile è la mia casa ma cosa sarebbe dei miei figli? Loro sono nati qui a Londra, non posso condannarli all’esilio come fu per me, non posso farlo ora anche se con tutto il mio cuore vorrei tornare a casa. Sant’Agostino diceva: la speranza ha due bellissimi figli, lo sdegno e il coraggio, sdegno per le cose come sono e coraggio per cambiarle.
Madri, padri e persone care di coloro che sono morti a New York, presto sarà il 29 anniversario del nostro martedì 11 settembre, e il primo anniversario del vostro. Noi vi ricorderemo, spero che voi vi ricordiate di noi, Pablo».
(Raffaella Angelino)

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